Giovanni Maria Veltroni parla di Nilo Bacherini

Attraverso quali misteriosi sentieri mia moglie ed io giungemmo quella sera d’estate di due anni fa al Ristorante “La 16” di Grosseto proprio non so.Qualcosa è scritto nelle stelle che noi non sappiamo e che prima o poi ci tocca e ci colora la vita.

In fondo, personalmente, non chiedevo niente di più, alla fine di quella lunga giornata, se non di mangiare qualcosa e di andare a riposarmi al più presto.

Accadde invece che mangiai “buonissimo”, che conobbi Bruno Bacherini, un cuoco dai baffi possenti e dalla creatività prorompente eppur rispettosa delle tradizioni culinarie del-la sua Maremma, sua madre Lisa, una donna di candida semplicità, grande conoscitrice di queste tradizioni e fedele assistente e consigliera del figlio in cucina, sua moglie Manila, affabile e discreta nel servizio ai tavoli e nell’intrattenimento dei clienti.

Ma accadde ancor di più. Campeggiava sulla parete alla destra del tavolo al quale sedevo un grande quadro che non cessava di attirare il mio sguardo. Rappresentava un omaccione dalla muscolatura asciutta e tesa intento, se ben ricordo, ad arpionare una strana creatura marina. La prospettiva dal basso verso l’alto esaltava, quasi esasperava la plasticità dell’at-to e rendeva ancor più incombente la figura dell’uomo. Il segno era forte eppur minuzioso, quasi maniacale nel sottolineare il dettaglio, i colori, decisi e crepuscolari ad un tempo, ti aggredivano, ma non ti facevano male, anzi….! Io non sono un esperto d’arte, non indago

l’opera; mi lascio prendere e trascinare dall’opera. E quel quadro mi prese: voleva, dritto e preciso come un sasso scagliato da una fionda, colpirti forte. Voleva (lo sentivo e non potevo sbagliare) trasmettere qualcosa: un pensiero, una sensazione, un sentimento non fugaci che l’autore non poteva tenere soltanto per sè, ma aveva bisogno di esternare, di condividere. In fondo l’arte, in ogni sua espressione, è essenzialmente comunicazione; se non ti raggiunge, se non ti penetra, non è niente o al massimo è soltanto mestiere.

Chiesi chi era l’autore del quadro e conobbi così l’ultimo membro della famiglia Ba-cherini, Nilo, un uomo di tratto cortesissimo, profondo nei pensieri e semplice nell’esporli: quasi un manifesto vivente della sua arte. Il suo entusiasmo quasi infantile nel parlarmi delle sue idee sull’arte, sulla missione che questa dovrebbe avere nella società, sui condizio-namenti del mercato che spesso la sviliscono e la immiseriscono, mi contagiò e mi coinvolse piacevolmente. Eravamo sintonizzati sulla stessa lunghezza d’onda. Parlammo a lungo. Quando anche l’ultimo cliente del ristorante se ne andò, si unì a noi il resto della famiglia. Continuammo a parlare. Di arte, di cucina, di tutto e di niente.Quando mi alzai s’era fatto molto tardi. Ma non ero più stanco.

Giovanni Maria Veltroni

Console Generale d’Italia in Zurigo